Dieta chetogenica e salute cerebrale

Negli ultimi dieci anni, la dieta chetogenica ha conquistato un’attenzione sempre più viva nella comunità scientifica. Non solo per il trattamento dell’epilessia, che già conoscevamo, ma anche come possibile alleata nella protezione della salute cerebrale.

Un’analisi che ha passato in rassegna oltre mille pubblicazioni, tra il 2013 e il 2024, ha messo in evidenza i principali filoni di ricerca e alcune nuove, interessanti tendenze.

Tutto è iniziato con il controllo delle crisi epilettiche resistenti ai farmaci. Ma oggi la dieta chetogenica è sotto i riflettori per il suo potenziale effetto neuroprotettivo.

Alla base di tutto c’è la capacità di spingere il corpo in uno stato di chetosi: quel momento in cui il cervello smette di dipendere dal glucosio e comincia a usare i corpi chetonici, come il beta-idrossibutirrato (BHB), come fonte energetica alternativa. E questo, attenzione, non si traduce solo in un cambio di carburante: riduce anche la produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS), molecole che, in eccesso, contribuiscono all’invecchiamento neuronale.

Il panorama delle pubblicazioni è affascinante. Dopo un’impennata nel 2021, si è osservato un leggero calo – forse un segnale di una ricerca che sta diventando più matura e selettiva?

Gli Stati Uniti guidano la produzione scientifica, con riviste come Nutrients ed Epilepsia che si sono ritagliate un ruolo da protagoniste, ma l’Italia è al terzo posto!

Le ricerche più recenti puntano tutte su un obiettivo ambizioso: proteggere i neuroni, ridurre l’infiammazione e contrastare lo stress ossidativo. E il BHB sembra essere la chiave di volta.

Studi come quello di Youm e colleghi (2015) hanno mostrato che può inibire l’attivazione di complessi infiammatori come l’inflammasoma NLRP3 e attivare vie cellulari di difesa, come SIRT3. Tradotto? Meno neuroinfiammazione, più vitalità neuronale.

E se pensiamo alle malattie neurodegenerative? I risultati sui modelli animali sono incoraggianti.

In Alzheimer, la dieta chetogenica migliora memoria e riduce l’accumulo di beta-amiloide; nel Parkinson, aiuta a proteggere i neuroni dopaminergici. Certo, è presto per cantar vittoria: gli studi clinici umani sono ancora pochi e condotti su piccoli gruppi. Serve, è chiaro, un salto di qualità.

Poi c’è il microbiota. Già, perché non è solo una questione di cervello: è anche di intestino. Alcuni lavori recenti suggeriscono che la dieta chetogenica modifichi la flora batterica, con ripercussioni sull’asse intestino-cervello (Olson et al., 2018). Un aumento di batteri come Akkermansia muciniphila e Parabacteroides è stato associato a effetti anticonvulsivanti e, più in generale, a una protezione cerebrale.

E a proposito di novità: hai mai sentito parlare di chetoni esogeni? In pratica, si tratta di assumere direttamente i corpi chetonici tramite esteri o sali, senza dover per forza seguire una dieta rigida. Un’idea affascinante, no? Gli studi sono agli inizi, ma sembrano promettere applicazioni interessanti, ad esempio nel trauma cranico o per migliorare la funzione cognitiva negli anziani (Stubbs et al., 2017).

La strada è tracciata. E il futuro? Potrebbe vedere la dieta chetogenica diventare una vera protagonista nella prevenzione e nel trattamento delle malattie neurologiche. Ma servirà tempo, pazienza e, soprattutto, studi clinici di ampio respiro.

 

 

Bibliografia

  • Youm, Y. H., Nguyen, K. Y., Grant, R. W., et al. (2015). The ketone metabolite β-hydroxybutyrate blocks NLRP3 inflammasome-mediated inflammatory disease. Nature Medicine, 21(3), 263-269. https://doi.org/10.1038/nm.3804
  • Olson, C. A., Vuong, H. E., Yano, J. M., Liang, Q. Y., Nusbaum, D. J., & Hsiao, E. Y. (2018). The gut microbiota mediates the anti-seizure effects of the ketogenic diet. Cell, 173(7), 1728-1741.e13. https://doi.org/10.1016/j.cell.2018.04.027
  • Stubbs, B. J., Cox, P. J., Evans, R. D., Santer, P., Miller, J. J., Faull, O. K., … & Clarke, K. (2017). On the metabolism of exogenous ketones in humans. Frontiers in Physiology, 8, 848. https://doi.org/10.3389/fphys.2017.00848