L’intestino ospita centinaia di specie batteriche diverse, ognuna con un ruolo preciso. Alcune ci aiutano a digerire, altre producono sostanze benefiche. Tra queste, Intestinimonas butyriciproducens sta attirando l’attenzione della ricerca scientifica per la sua capacità di produrre butirrato, un acido grasso a catena corta con effetti positivi sul metabolismo e sull’infiammazione.
Un recente studio internazionale, coordinato dall’Amsterdam University Medical Center e dalla Wageningen University, con la partecipazione del CNR-ISPAAM di Portici, ha dimostrato che questo batterio può trasformare la Nε-fruttosil-lisina, un composto alimentare derivante dalla reazione di Maillard, in butirrato. Ma cosa significa davvero? E perché è così importante per la nostra salute metabolica?
Perché la Nε-fruttosil-lisina è un problema?
Quando cuociamo il cibo, gli zuccheri reagiscono con gli amminoacidi formando i prodotti di Maillard, responsabili del colore dorato e del sapore intenso di molti alimenti. Ma non è tutto oro quel che luccica. Tra questi prodotti c’è la Nε-fruttosil-lisina, una molecola che, in eccesso, può contribuire allo stress ossidativo e alla formazione di composti dannosi, i dicarbonili.
Normalmente, il nostro organismo è in grado di smaltirli, ma se si accumulano possono favorire l’infiammazione e aumentare il rischio di obesità, insulino-resistenza e diabete. Ecco dove entra in gioco I. butyriciproducens: questo batterio non solo degrada la Nε-fruttosil-lisina, ma la trasforma in una sostanza benefica, il butirrato.
Dai dati alla realtà: cosa dice la ricerca?
I ricercatori hanno analizzato il microbiota intestinale di oltre mille individui in Svezia, confrontando i livelli di I. butyriciproducens con alcuni indicatori metabolici. I risultati? Le persone con meno di questo batterio tendevano ad avere un indice di massa corporea più alto, più trigliceridi nel sangue e una minore sensibilità all’insulina.
Ma non ci si è fermati qui. Per capire meglio il suo ruolo, il team ha isolato diversi ceppi del batterio e ha studiato la sua capacità di fermentare la Nε-fruttosil-lisina e produrre butirrato. Infine, è stato condotto uno studio su topi alimentati con una dieta ricca di grassi: gli animali che hanno ricevuto I. butyriciproducens hanno mostrato un aumento di peso più contenuto, una glicemia più stabile e una riduzione dell’infiammazione nel tessuto adiposo.
Ma come fa un batterio a influenzare il metabolismo?
Il butirrato è molto più di un semplice sottoprodotto della fermentazione intestinale. Questo acido grasso ha effetti profondi sulla salute:
- Supporta l’energia delle cellule intestinali, mantenendo la barriera intestinale integra.
- Modula l’infiammazione, riducendo la produzione di citochine pro-infiammatorie.
- Influenza la sensibilità all’insulina e il metabolismo lipidico, favorendo la riduzione dell’accumulo di grasso corporeo.
Nei topi trattati con I. butyriciproducens, il tessuto adiposo ha mostrato una maggiore attivazione dei geni coinvolti nella β-ossidazione e nella termogenesi, suggerendo un possibile effetto sul consumo energetico.
Cosa ci dicono questi risultati?
L’idea che il microbiota intestinale possa essere modulato per migliorare la salute metabolica non è nuova, ma questo studio aggiunge un tassello fondamentale: non tutti i batteri producono gli stessi effetti, e I. butyriciproducens sembra avere un ruolo particolarmente interessante.
Ovviamente, siamo ancora nelle fasi preliminari della ricerca. Anche se i dati sui topi sono promettenti, resta da capire se l’integrazione di questo batterio possa davvero avere un impatto clinico sugli esseri umani. Ma il concetto è chiaro: modulare il microbiota potrebbe essere una strategia efficace per prevenire o trattare obesità e diabete.
E allora, il futuro della nutrizione potrebbe passare proprio dai nostri piccoli alleati intestinali.